Cenere... cenere... cenere
Liberamente tratto dalla fiaba "Cenerentola" di H. C. Andersen.
Testo e regia di G. Putzolu con Rosa Maria Messina e Giorgio Putzolu.
Il padre di Martina, che per lavoro trascorre lunghi periodi lontano da casa, si sente incapace, dopo la morte della moglie, di affrontare la nuova situazione, non riesce a stare vicino alla bambina, ad aiutarla a crescere. Martina conosce così la solitudine. Unica sua compagnia sono gli animaletti che gironzolano per casa: una formichina, due lucertoline e due topolini, che a modo loro cercano, pur con strategie e carateri diversi, la felicità. Per dare un po’ di compagnia alla piccola, il padre di Martina decide così di risposarsi. La matrigna, a sua volta vedova, ha già due figlie, e fuma tanto, GITANES (senza filtro), buttando dappertutto cenere... cenere… cenere, che Martina deve raccogliere continuamente. La famiglia è sì arrivata, ma sembra la versione peggiore… della famiglia Addams. Nella solitudine le lacrime sembrano trasfigurare e affogare la realtà di Martina. È l’incontro con un’altra solitudine, un bambino di nome Carlo, che l’aiuterà a trovare il coraggio e la forza di reagire, di costruire, faticosamente, uno sguardo verso il fututo. Alla fine della storia saranno i genitori a restare soli… sfiniti dai continui impegni, cadranno addormentati sulle loro poltrone… non si accorgeranno nemmeno che la casa si è svuotata e che Carlo e Martina hanno compiuto l’ultimo atto d‘amore, mettergli addosso una coperta prima di uscire e spegnere la luce. Un solo attore, senza scenografie né oggetti, solo con la parola e la fantasia, attraverso una rivisitazione poetica e molto divertente della fiaba di Cenerentola, affronta una problematica del nostro tempo che coinvolge tutti: la crescita in solitudine dei bambini.